Eleonora Abbagnato: l’étoile siciliana che brilla a Parigi
Intervista di Mariona Vivar e Giulio Zucchini - Parigi
Entriamo dall’ingresso di servizio dell'Opéra Garnier di Parigi e percorriamo le viscere di questo sontuoso palazzo, attraverso corridoi sbiaditi dal trascorrere implacabile del tempo. E così arriviamo al bar dei dipendenti dell’Opéra, dove sedie e tavoli sono di legno e i prezzi accessibili.
Il lusso è tutto nel parterre.
«Italiana? No, siciliana»
La prima ballerina dell’Opéra arriva in ritardo, abiti sportivi e capelli biondi raccolti con cura in una coda di cavallo.
Eleonora Abbagnato, 28 anni, è una dei dieci non francesi sui 150 ballerini del corpo di danza del Balletto dell’Opéra di Parigi.
Come ha fatto l'italiana… «No, siciliana» precisa seccamente. Pardon. Dunque, come è riuscita questa ballerina siciliana ad arrivare fin qui?
Tutto è iniziato a Palermo, un po’ per caso. Da bambina veniva accudita da una vicina di casa, Marisa Benassai, direttrice di una scuola di danza. «Ho iniziato a ballare da sola. Mio padre e mio fratello trascorrevano intere giornate guardando le partite di calcio. Io, invece, vivevo in un altro mondo, con il mio televisore e i miei video di danza classica».
Un’infanzia davvero breve. «Non mi pento di non aver giocato con le bambole. Ho fatto quello che volevo». Fin dall’inizio la piccola Eleonora si è distinta vincendo numerosi concorsi e audizioni. Vedendo in quella bambina volonterosa le potenzialità di una ballerina d’élite, il coreografo Roland Petit l’ha portata con sé all’Opéra de Paris.
Eleonora aveva solo 14 anni.
La determinazione di un’artista
«Se mi metto in testa qualcosa l’ottengo, nella danza come in amore. Quando voglio un uomo…Zac! Me lo prendo », esclama con gesto eloquente.
Un temperamento tenace, il suo, che sembra indispensabile per avere successo nel mondo della danza. Ma cosa ha dovuto sacrificare per arrivare fin qui? «Di sicuro la famiglia. Ma nella vita si devono sempre fare delle scelte». E aggiunge: «Qui viviamo rinchiusi in uno studio, ballando tutto il santo giorno, isolati dalla vita reale del mondo esterno».
Per staccare la spina, Eleonora si diverte ad organizzare cene con i suoi amici italiani e a cucinare primi piatti.
Dal tono pacato di voce e dal suo impeccabile francese, a stento si riesce a credere di avere di fronte una siciliana doc. Non l’avranno un po’ “francesizzata”, questi quattordici anni vissuti a Parigi? «Cos’è, un insulto?» risponde duramente.
Diventata un personaggio mediatico grazie a numerosi rotocalchi e programmi televisivi italiani, a Eleonora non dà fastidio essere presentata come un prodotto culturale made in Italy.
Parigi-Italia andata e ritorno
Ogni fine settimana libero Eleonora prepara armi e bagagli e fa rotta verso l’Italia. Rispetto a quando arrivò in Francia, dichiara di soffrire più ora per la lontananza dalla sua terra. «Da piccola pensavo ad una sola cosa: mettermi le scarpette e danzare. Sapevo che qui sarei stata circondata dai migliori ballerini, e non mi curavo di nulla all’infuori della danza. Ma crescendo ti rendi conto di cosa hai veramente bisogno».
Cosa può mancare ad una prima ballerina dell’Opéra di Parigi? «Di sicuro niente. O meglio, solo il mio Paese, il sole e la gente italiana, che è più simpatica». Allora perché non va alla Scala di Milano? Perché a dieci anni c’era già stata. E non le è piaciuto. «Penso che manchi di organizzazione e di fondi. Ci si allena di meno, alla Scala. E so benissimo cosa mi sarei persa, se avessi preferito Milano a Parigi. Qui abbiamo i migliori coreografi e le migliori strutture, oltre a un pubblico folto e fedele come in nessun'altra città europea». Tant’è che “La signora delle Camelie”, balletto del coreografo statunitense John Neumeier basato sul romanzo di Alexandre Dumas, ha fatto registrare il tutto esaurito già da qualche settimana.
Si apre il sipario: ecco Eleonora nei panni di Marguerite Gautier, celebre prostituta parigina innamorata di Armand Duval, rispettabile cliente. Una gracile Eleonora, che danza leggera come una piuma dalle braccia di un ballerino a quelle di un altro, catturando gli sguardi di tutti. Grazie alla sua tecnica perfetta, mantiene l’equilibrio nelle piroette più inverosimili. Una ballerina spettacolare, che ci offre una lezione di talento, di forza e di carica espressiva. Ma in scena la felicità dura poco. Il padre di Armand Duval costringe Marguerite-Eleonora ad allontanarsi da suo figlio per non infangare il buon nome della famiglia. Solo dopo la morte prematura di Marguerite, l’amante troverà il diario personale della donna, in cui confessa i suoi sentimenti per lui. Fra ripetuti scrosci di applausi, cala il sipario.
«“Il lago dei cigni” per tutta la vita mai. Sai che noia?»
In quattordici anni neanche uno sciopero
La ballerina sostiene fermamente che in Francia, terra per antonomasia di rivendicazioni sociali, «noi ballerini non abbiamo mai scioperato, per rispetto del nostro lavoro, dell’arte della danza e del pubblico». Impettita, proclama con una punta di orgoglio: «In quattordici anni di scuola di danza non ho mai saltato una sola lezione ».
E in futuro? «Vorrei far cinema, avere dei bambini e tornare più spesso in Italia». Cosa consiglierebbe ad una giovane promessa della danza? «Di non diventare una ballerina». Si pente della sua scelta? «È splendido avere una passione nella propria vita. Ma credo che ce ne siano di meno dure». Dà un’occhiata all’orologio e si scusa: «L'allenamento inizia fra cinque minuti».
Intervista di Mariona Vivar e Giulio Zucchini - Parigi
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